Il nome della rosa (J. J. Annaud, 1986): la strana storia di Salvatore

Tratto dal romanzo di Umberto Eco, pluripremiato e fra i più visti in TV, ci ha consegnato un personaggio che resterà per sempre scolpito nella storia del cinema: Il nome della rosa, grandioso adattamento cinematografico del maggior successo letterario dello scrittore italiano, diretto da Jean-Jacques Annaud sei anni dopo l’uscita del libro, vantava un coro d’attori di tutto rispetto, comprendente fra gli altri Sean Connery, un giovanissimo Christian Slater, il premio Oscar F. Murray Abraham, Feodor Chaiaplin Jr. e, ultimo ma non ultimo, uno straordinario Ron Perlman.

Il bibliotecario cieco Jorge da Burgos e l’inquisitore Bernardo Gui appaiono qui come figure diaboliche e infide, a dispetto degli abiti talari («l’abito non fa il monaco»), ma fra i tanti personaggi singolari che il frate benedettino Guglielmo da Baskerville (Sean Connery, magistralmente doppiato in italiano da Pino Locchi) e il novizio Adso da Melk (Christian Slater, con la voce di Sandro Acerbo) incontrano nel corso della loro permanenza all’abbazia, luogo di orribili delitti, spicca per la sua particolarità il personaggio di Salvatore: monaco eretico, deforme e dall’aria folle e imprevedibile. Egli parla più lingue volgari senza soluzione di continuità, mescolandole stentatamente al latino. Guglielmo risponderà a un confuso Adso, alla domanda su quale sia la strana lingua parlata da Salvatore: “tutte e nessuna”. Ron Perlman, nella sua memorabile interpretazione di questo difficile ruolo, dà vita a una figura che si muove su toni tanto drammatici quanto grotteschi e suscita egualmente simpatia e timore, brividi e tenerezza, pietà e repulsione.

Come avvenuto sostanzialmente per tutti i ruoli principali, la selezione dell’interprete da ingaggiare per questo personaggio fu abbastanza travagliata e la scelta di Ron Perlman nient’affatto immediata né scontata. L’attore statunitense infatti, già lanciato nel mondo del cinema proprio da Jean-Jacques Annaud con il film La guerra del fuoco (1981) dopo anni di esperienza sul palcoscenico, si era proposto per interpretare la parte di Salvatore. Annaud però aveva già scelto il caratterista italiano Salvatore Baccaro, che a causa della sua fisicità peculiare era stato sempre impiegato per personaggi singolari e pittoreschi. Dopo aver iniziato a studiare il copione, tuttavia, Baccaro morì prima dell’inizio delle riprese; allora l’Italia (che co-finanziava la pellicola) tentò di imporre il noto comico Franco Franchi, ma infine neppure lui vi partecipò; le ragioni di questa defezione differiscono a seconda della fonte. A quel punto Annaud non poté che “arrendersi” e assegnare la parte a un perfetto Ron Perlman: l’attore aveva del resto già dovuto recitare in un linguaggio verbale-corporeo inventato, l’Ulam (creato con la collaborazione di nientemeno che Anthony Burgess e Desmond Morris) proprio in occasione del suo debutto cinematografico sotto la direzione di Annaud, e anche per Il nome della rosa si preparò con proverbiale dedizione: oltre a provvedere alla difficile caratterizzazione fisica del personaggio, Perlman raccontò di aver creato da sé buona parte delle proprie battute, inizialmente assenti dal copione originale. Per entrare nella parte si sarebbe aiutato procurandosi una copia del romanzo di Eco in ciascuna delle sei lingue parlate dal personaggio: italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco (la sesta lingua, il latino, è presente a più riprese già nel testo originale di Eco) in modo da prendervi confidenza per poter poi creare autonomamente una sorta di mosaico linguistico, basandosi sul personaggio descritto nel libro. A riprova di quanto affermato da Perlman, diverse sue battute non si ritrovano nel romanzo, nel quale però si leggono maggiori dettagli sulla fuga di Salvatore dal suo paese natio, Monferrato, e sulla sua esistenza girovaga. Proprio a causa di questa curiosa caratteristica del suo personaggio, che parla quella che nel libro è descritta come qualcosa di molto simile alla mitica “lingua di babele”, nell’edizione italiana del film Perlman è l’unico attore straniero non doppiato, mantenendo la parte già incisa in lingua originale: la sua interpretazione risulta infatti perfettamente fruibile e comprensibile così com’è.

Va notato che Perlman è dotato, non a caso, di una grande preparazione ed esperienza nell’uso della voce, abilità che gli è fruttata una notevole carriera come doppiatore, avendo dato la voce a numerosi personaggi di prodotti d’animazione e videogiochi, fra cui l’Uomo d’argilla (Clayface) nella serie animata degli anni novanta Batman (Batman: The Animated Series), oltre a numerosi altri personaggi legati al mondo del Cavaliere oscuro (per restare in tema, puoi dare un’occhiata alla nostra intervista alla storica voce italiana del Joker, Riccardo Peroni), nonché l’antagonista principale, Justice, nell’anime Afro Samurai. Ha recitato spesso in lingue diverse dalla propria, come nel caso di Cronos e La città perduta, per cui ha anche ridoppiato la propria parte nella versione in lingua inglese.

Per quanto la cosa possa oggi stupire, anche Sean Connery dovette lottare parecchio per ottenere la parte di Guglielmo da Baskerville, e superare così lo scetticismo del regista e della produzione: la Columbia Pictures rinunciò addirittura a finanziare l’opera, nel momento in cui fu confermata la scelta di Connery. Prima di lui vi era una lunga lista di attori considerati per il ruolo, fra cui Ian McKellen, Michale Caine, Richard Harris, Max von Sydow, Donald Sutherland e il nostro Vittorio Gassman. Per la parte di Adso, Christian Slater fu l’unico attore a incontrare i gusti del regista in seguito a una lunga serie di provini.

Questi personaggi sono infine passati alla storia con il volto di questi attori, e oggi ci viene difficile immaginare qualcun’altro nelle loro vesti, così come resteranno nella memoria numerose battute pronunciate da F. Murray Abraham, che per noi italofoni ha la voce di un qui solenne e stentoreo Sergio Rossi, e Feodor Chaiaplin Jr., il venerabile Jorge doppiato in italiano da Renato Mori.

Tra mille travagli produttivi e una minuziosa preparazione, dopo cinque lunghi anni la pellicola uscì finalmente nelle sale. Fece incetta di premi nell’ambito di varie manifestazioni e conobbe un grande successo in Europa (al primo posto per incassi nel nostro paese). Nonostante gli scarsi risultati riscontrati negli Stati Uniti, Il nome della rosa ha detenuto per ben tredici anni il primato come film più visto dagli italiani. Indubbiamente anche grazie a Ron Perlman e al suo Salvatore.

Condividi la passione per il Cinema!